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In Namibia una casa per 23 piccoli orfani

 
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BUBBOLINA
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Registrato 05/03/07 18:42
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Siena (SI)

MessaggioInviato: Lun 28Nov11 18:05    Oggetto: In Namibia una casa per 23 piccoli orfani Rispondi citando

Da Milano all'Africa: l'esperienza di chi ha scelto di aiutare la popolazione locale
Il mal d'Africa che fa bene: «In Namibia
diamo speranza a cento bambini»


A Windhoek l'esperienza di Mammadù, una casa per 23 piccoli orfani. I fondatori: aiutateci ad allargarla
Da Milano all'Africa: l'esperienza di chi ha scelto di aiutare la popolazione locale

Il mal d'Africa che fa bene: «In Namibia
diamo speranza a cento bambini»

A Windhoek l'esperienza di Mammadù, una casa per 23 piccoli orfani. I fondatori: aiutateci ad allargarla



Andrea Di Gesualdo con i «suoi» ragazzi

MILANO - C’è Marion, 11 anni, che ama ballare. Ashley, 17 anni, occhi stretti che luccicano di furbizia. Perla, 5 anni, dalla risata contagiosa e dal «naso moccioloso», Iwanda, 12 anni, vanitosa ma troppo timida per rubare la scena agli altri. Maria, 3 anni, soddisfatta solo «quando riesce a restarti appesa al collo». Ti pare di vederli. Ballano, giocano, si contendono le attenzioni degli amici venuti da lontano. Sono i bambini del piccolo orfanotrofio di Orlindi, Namibia, periferia della capitale Windhoek. Le storie e le emozioni raccontate da Alessandro nel suo «diario» online sono toccanti. Esperienze che a lui e ad Andrea (un comodo impiego in Mediaset e una gran voglia di «rendersi utile»), suo compagno di scuola e di avventure, hanno cambiato la vita. E dopo quell’estate di due anni fa, da volontari, a contatto con la miseria, la privazione, a riempire le giornate di diciotto piccoli senza famiglia di giochi, compiti, partite di rugby nel campetto spelacchiato, ci sono stati altri viaggi in Namibia, per conoscere altri bambini, seguire altri progetti («È come quando senti un muscolo indolenzito e lo massaggi per alleviare il dolore – scrive in quei giorni Alessandro -; quando non riesci più a star seduto e ti alzi per camminare: è normale farlo. Lo faccio per me, lo faccio per i bambini che hanno bisogno. Lo faccio perché è bello»).

Il «mal d'Africa» che fa bene


LA SVIZZERA D'AFRICA E L'AIDS - Le partenze con valigie cariche di abiti, giochi, penne, quaderni, cibo. I rientri in Italia con il cuore pesante di nostalgia e la mente piena di sogni, di progetti. Poi l’incontro, determinante, con Agnes, giovane manager di un’azienda italianissima, la Cimbali, che decide di mollare tutto e «fare qualcosa», in quel Paese conosciuto per caso, da turista, e scelto per dare una mano. Un Paese molto amato dagli italiani, che numerosi in estate scorrazzano tra la Skeleton Coast e le dune del deserto del Namib, senza forse soffermarsi sui numeri: poco più di due milioni di abitanti; più di un terzo sotto la soglia di povertà; oltre 150mila bambini orfani; 95mila in condizioni di estrema precarietà; mortalità sotto i 5 anni pari al 68%; aspettativa di vita ferma ai 48 anni. Un Paese che nei depliant turistici viene definito «la Svizzera d’Africa»: immagine che non rappresenta i due dollari al giorno di reddito medio del 56% della popolazione e il dollaro al giorno del 35% più indigente. Un Paese piagato dal’Aids, causa prevalente di morte. Con l’Organizzazione mondiale della sanità che prevede che entro il 2012 un terzo dei bimbi sotto i 15 anni diventerà orfano a causa del contagio.

SENZA FAMIGLIA - Nel 2008 Agnes crea Mammadù, sede a Windhoek. I primi interventi - con la liquidazione della Cimbali, i contributi dei colleghi, l’aiuto di turisti che Agnes aiuta a organizzare viaggi indimenticabili alla scoperta del Paese – si focalizzano su alcune strutture di ricovero per bambini senza famiglia: l’orfanotrofio Sos Kinderdorf, dove, col sostegno del Cus Padova, Mammadù dà vita a due squadre di rugby, sport nazionale, fondamentale per l’aggregazione e uno sviluppo sano dei ragazzi. All’orfanotrofio di Orlindi, Mammadù copre le rette d’iscrizione a scuola per dieci bambini, fornisce cibo e generi di prima necessità, aiuta a coprire le spese di gestione. Rifornisce di farmaci l’infermeria di un’altra struttura: Hope Village. Procura materiale e cibo e organizza attività ricreative e didattiche per i bambini di Katatura. Ma il sogno di Agnes resta quello di una struttura autonoma, un centro diurno, da costruire a Otjomuise, una delle zone più povere della capitale.

AIUTARE MAMMADÙ - Un sogno che diventa realtà dopo l’incontro, nel 2010, con Andrea Di Gesualdo e Alessandro Merlo, i due giovani volontari di Orlindi. Nasce Mammadù Italia, con sede a Milano, di cui i due sono oggi presidente e vicepresidente. In un anno raccoglie 350 soci, 110 sostenitori e un piccolo capitale di 37mila euro: la metà di quel che serve per mettere in piedi la struttura. I lavori partono. Con mille ostacoli, scarsa collaborazione da parte delle istituzioni locali, sacchi di cemento rubati in cantiere, la difficoltà di reperire maestri e personale in grado di comunicare nei tanti dialetti della Namibia.
Il centro è stato inaugurato all’inizio di settembre. Ha una grande stanza per studiare, pareti colorate, ampia cucina, mensa, servizi igienici, campo giochi e un minibus per il trasporto dei piccoli. Al momento ospita 23 bambini, che sono stati segnalati dalla scuola di quartiere in base a criteri di povertà e necessità. Ricevono cure, protezione, istruzione. «E pasti nutrienti, bilanciati, di cui hanno disperatamente bisogno, invece della farina allungata con acqua di cui abitualmente si nutrono», spiega Agnes. L’obiettivo di Mammadù è ampliare il centro, aggiungendo altre aule, un’infermeria, una biblioteca, stanze attrezzate per i volontari. E arrivare ad accogliere 100 tra bambini dai 3 ai 13 di età anni e adolescenti dai 14 ai 17 anni, offrendo loro un luogo sicuro dove giocare, divertirsi e apprendere lontano dai pericoli della strada. Per aiutare Agnes, Andrea e Alessandro a portare avanti il progetto, si può diventare soci di Mammadù versando una quota associativa annuale minima di 40 euro (moduli da scaricare online sul sito www.mammadu.org, o versare un contributo come «sostenitori».
«Non raccogliamo vestiti, materiale scolastico o da gioco, perché le spedizioni sono troppo costose – dice Andrea -. Ma se qualche turista ha in programma di visitare la Namibia, può recapitare direttamente generi di prima necessità ad Agnes e al centro di Otjomuise».
Il sito è ricco di informazioni. E Andrea è disponibile per qualsiasi chiarimento: tel. 347.7246658; email: andrea@mammadu.org.

Antonella De Gregorio
28 novembre 2011 | 16:45


http://milano.corriere.it/
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